Le 10 mappe che spiegano il mondo, la mia recensione
Leggere questo libro è stata una vera tortura per una persona come me. Le 10 mappe che spiegano il mondo, di Tim Marshall è infatto un testo impegnativo e che probabilmente vi farà arrabbiare parecchio.
Il libro è diviso in dieci capitoli, dove ognuno di questi affronta una determinata macroarea geografica del nostro pianeta. C’è quindi l’area della Russia, della Cina, del Nord America oppure l’area geografica occupata da Pakistan, Bangladesh e India. Per ognuna di queste mappe Tim Marshall crea una descrizione delle caratteristiche geografiche e di come queste influiscano su particolari aspetti della regione in questione. Queste descrizioni non sono troppo dettagliate da essere noiose ma nemmeno troppo poco da essere superficiali. Sulla parte tecnica e sullo stile di scrittura di questo libro torneremo però più avanti. Il vero problema di questo libro è che il suo problema è anche il suo punto forte, ora mi spiegherò meglio.
Le spiegazioni che fa Tim, riguardano la geografia. Il punto chiave è che queste riflessioni sono interamente dedicate a come la geografia influenzi le decisioni militari dei vari paesi. Non c’è scampo a questo. Per Tim tutto si riporta al parlare di eserciti e startegie di guerra. Certo la geografia ha influenzato anche la cultura, lo stile di vita e i rapporti commerciali dei vari paesi e delle varie correnti culturali umane. Questo viene detto più volte. Il vero problema è che quando viene fatto serve solo a rimarcare che ora anche questi aspetti ricadono sulle decisioni e sui comportamenti militari. In poche parole secondo Tim, quando non è la geografia ad influenzare direttamente il futuro militare dell’uomo lo fa indirettamente agendo su altri aspetti che hanno caratterizzato le varie società che l’uomo ha costruito. Quest’ultimo passaggio logico non è esplicito nel testo ma è a mio avviso innegabilmente percepito.
Ora siamo quindi arrivati al succo della questione e alla dicotomia che è sorta nella mia mente dopo questa lettura. Per un pacifista convinto come me la visione di Tim in cui non c’è luogo nel mondo in cui non ci sia il rischio di una guerra o zona geografica che non viene vista dai vari paesi attraverso una visione estremamente belligerante e violenta, è una visione terribilmente deludente della nostra epoca. La delusione è però una senzazione strana e può essere estremamente volatile. Nel proseguire la lettura di questo libro è però risultato chiaro come le considerazioni di Tim siano molto oggettive, e di come si faccia fatica all’inizio del libro ad accorgersi di questo.
La geografia di sicuro non influenza solo il movimento e le strategie degli eserciti (direttamente o indirettamente) e di sicuro gli eserciti non sono influenzati solo dalla geografia. Nella lettura delle 10 mappe imparerete semplicemente ad accorgervi che questo è solo uno dei tanti aspetti e probabilmente è uno dei più importanti. Il testo però non vi doterà di questa conclusione, anzi non vi aiuterà minimamente ad arrivarci. Il concentrarsi su determinate conclusioni che come detto prima sono contenute in questo libro sono una a mio avviso una determinata scelta dettata dall’enorme competenza che l’autore ha maturato in decine di anni di esperienza. Proprio qui si inserisce quindi l’aspetto che ho apprezzato di più in questo libro. L’analisi che compie Tim vi doterà di una consapevolezza dolorosa e triste di com’è organizzata la nostra società e la geopolitica mondiale, facendovi riflettere e portandovi a formulare tante considerazioni. Se a questo punto avrete pontificato e riflettuto abbastanza vi renderete conto di quanto utile e importante sia leggere questo libro, altrimenti vi resterà solo una grande delusione, condita da parecchia tristezza.
Lo stile con cui è scritto questo libro si presta perfettamente ad una lettura saltuaria in quanto i capitoli non sono minimamente collegati fra di loro. La capacità di inserire informazioni in modo asettico e ogettivo, tipica di un bravo giornalista come Tim Marshall c’è tutta in questo testo. Questo particolare aspetto potrebbe influenzare il vostro piacere nella lettura oppure (come nel mio caso) potrebbe entusiasmarvi parecchio. De gustibus non est disputandum (i gusti non si discutono).
In conclusione
E’ veramente un peccato che in Italia questo libro sia stato stampato con questo titolo a mio avviso molto fuorviante. Il titolo originale: Prigionieri della geografia (tradotto letteralmente) era infatti molto più azzeccato. Se devo essere sincero non leggevo un libro capace di far riflettere dai tempi dei libri di Harari (Sapiens e Homo Deus). Spesso, all’inizio del libro, ho reputato anche miope e un po’ ingenua la visione di Tim, ma un ragionamento più profondo e una lettura un po’ opiù riflessivca mi hanno portato a ricredermi. Vi consiglio sicuramente la lettura di questo libro, soprattutto se come me, siete fermamente convinti che ormai a lungo termine le guerre fra gli uomini dovranno essere destinate a scomparire. Ora però la situazione è ancora incerta. Le guerre ci sono ancora ed è inutile negarne l’esistenza. La volontà di molte politiche di fare ancora guerra c’è ancora ed è inutile negarne l’esistenza. Questo libro non vi dirà che c’è altro oltre alle guerre ma vi dirà che ci sono le guerre oltre a tanto altro.
A presto,
Stefano.