Artemis, la prima città sulla Luna di Andy Weir
Per decine di anni la fantascienza è stata considerata un genere letterario di una classe inferiore. Un genere popolare e a volte infantile. Questo accadeva sopratutto negli anni ’50 e ’60, la cosidetta epoca d’ora della fantascienza. Uno dei motivi per cui questo genere è sempre stato criticato è la mancanza di molti detrattori di riuscire a trovare e a notare autori che riusciserro a scrivere grandi storie e a creare grandi personaggi in universi fantascientifici. Di questi autori ce ne sono sicuramente, basta pensare a Heinlein, Herbert o Simak. Questa reputazione della fantascienza è stata però alimentata negli anni da molti autori per i quali la priorità non è il raccontare una bella storia scritta tecnicamente bene, con grandi personaggi ma contestualizzare il tutto in un universo fantascientifico di qualità. L’ambientazione diventa quindi l’aspetto prioritario. L’ordinare le priorità in questo modo a mio avviso ha fatto più danni che altro al genere nel suo complesso, nonostante ciò abbia sfornato dei grandi capolavori.
Andy Weir in questo libro fa proprio questo errore, ma andiamo con ordine. Artemis è la prima città costruita sulla Luna essa è parzialmente indipendente dalla Terra in quanto costruita dalla KSC, una multinazionale privata che lavora nel mercato aerospaziale. Ad Artemis vive Jazz Bashara, figlia di un saldatore arabo vive sulla Luna da quando aveva sei anni e ora, sulla soglia dei trenta, sopravvive di lavori saltuari e di piccoli contrabbandi. La sua vita però cambierà tutta d’un tratto quando decide di acettare un lavoro da un miliardario norvegese.

Matt Damon disperso su Marte nel film tratto da The Martian
Andy Weir è balzato improvvisamente nel mercato internazionale solo qualche anno fa scrivendo The Martian, libro che partì come serie di racconti sul blog dell’autore ed è diventato in pochi mesi prima un libro e poi un film. L’aspetto che ha fatto la fortuna di The Martian è l’incredibile plausibilità di questo libro. La sopravivvenza del protagonista su Marte è raccontata in modo tecnico, plausibile e al contempo avvincente. L’apoteosi della Hard Science-Fiction in poche parole. Andy Weir fa quindi della tecnicità e della plausibilità scientifica il suo punto forte. Da Marte alla Luna anche le avventure di Jeff sono raccontate con rigore scientifico. la descrizione delle strutture di Artemis, come il racconto delle avventure e degli espedienti di Jazz sono sempre molto tecnici e spiegati accuratamente. Il pericolo di fare questo in un romanzo è però sempre quello di annoiare un po’ un eventuale lettore meno competente. Come in The Martian Weir riesce a non cadere in fallo rendendo, anche grazie alla scrittura in prima persona, ogni tecnicismo gradevole e interessante.
Ricollegandomi a quanto dicevo nell’introduzione di questa recensione, il vero problema sta proprio nella stroria e nella trama. Weir con questo libro prova a fare un passo in più inserendo una trama articolata e più personaggi, fallendo miseramente. Compresa (in particolar modo) la protagonista, i personaggi di Artemis sono terribilmente stereotipati, soggetti ad una moltitudine di luoghi comuni e capaci quasi solo di pronunciare frasi fatte e scontate tanto che nella seconda metà del libro potrete quasi indovinare cosa diranno cinque o sei righe prima. Le loro avventure non sono da meno. La trama di Artemis seppur non così palesemente scontata è decisamente poco originale e con colpi di scena abbastanza telefonati.
In Conclusione
Andy Weir in Artemis tenta di affiancare il suo caratteristico rigore scientifico con una storia complessa (rispetto a quella del suo precedente libro). Se è riuscito a descrivere una città lunare abbastanza credibile, con un’atmosfera e delle infrastrutture descritte magistralmente ha fallito miseramente nella creazione dei personaggi e nel raccontare le loro avventure. Il tutto infatti è fin troppo stereotipato e prevedibile. Nel suo complesso la lettura è piacevole e il libro si legge volentieri ma di sicuro non vi soddisferà come e/o stupirà come fece The Martian.
A presto,
Stefano.
Intanto ti ringrazio nuovamente per aver recensito questo libro di cui ti avevo parlato , allora avendo letto la tua recensione non posso che concordare con te in effetti i personaggi sono molto stereotipati in particolare la protagonista e il suo amico del agenzia spaziale, il che è un peccato dato che per il resto l’ambientazione è ottima e la trama anche se non è ottima ma un pò banale può anche starci, poi in se si può definire “coraggiosa” la scelta di aver scelto una protagonista donna musulmana emancipata ma poi gli stereotipi mandano tutto in fumo, non è un capolavoro e si fa leggere ma si poteva fare molto di più considerando che poi questo libro è uscito dopo il suo besteseler The Martin quindi non può usare la scusa del fatto che era il suo primo libro.
Sono d’accordo con te sulla scelta del protagonista. Una scelta si coraggiosa ma purtroppo un po’ sprecata.