Hyperion di Dan Simmons
In Hyperion, scritto all’inizio degli anni ’90 da Dan Simmons, ci troviamo nel 2700 e l’umanità ha colonizzato più di 200 pianeti nella nostra galassia. Non tutti però fanno parte della rete, l’unione politica ed economica dei pianeti collegati dai Teleporter. Grazie a questa tecnologia l’umanità riesce a teletrasportarsi fra un mondo e l’altro in assoluta semplicità. La chiave di volta capace di superare i limiti imposti dalla relatività Einsteniana, ma anche quelli dei rischiosi viaggi ultraluminari. La rete ha quindi permesso il consolidamento dell’Egemonia, una vera unione di tutti i mondi governati attraverso un complicato sistema politico di condivisione delle decisioni e di perenne interconessione delle diverse culture di ogni mondo.
L’Egemonia non ha però il completo controllo della galassia. Con gli umani si contendono il potere gli abitanti del Tecnonucleo. Qui hanno preso posto innumerevoli forme di intelligenze artificiali, emancipate dal controllo degli esseri umani, sono ora diventate indipendenti e collaborano con l’Egemonia per la gestione della rete e dell’intricato sistema tecnologico degli esseri umani. La terza grande fazione è quella degli Outser, “gli esterni”. Essi sono esseri umani che nel primo periodo di colonizzazione della galassia decisero di lasciare il sistema solare per intraprendere un esplorazione autonoma. Ora sono in guerra con l’Egemonia e nonostante delle tecnologie sotto certi punti di vista più arretrate, diventano ogni giorno più pericolosi. Questa in poche parole è la galassia immaginata da Dan Simmons.
Hyperion è un testo singolare che in tanti mi hanno consigliato e che ora non esito ad ammettere di aver iniziato a leggere fin troppo tardi. L’ambientazione e il contesto fantascientifico sono infatti fra i più realistici e fra i più coerenti che io abbia mai letto (è curioso usare la parola realistico per descrivere un universo fantascientifico ma vi assicuro che è proprio così). Il modo in cui inserisce, descrive e fa comportare le I.A. sono per esempio fra i più eleganti che abbia mai letto.

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Il vero punto forte di questo libro sta però nella trama principale di cui ancora non vi ho parlato. Il modo originale in cui viene raccontata andava infatti un po’ contestualizzato. Il libro inizia presentandoci sei pellegrini, di carattere, origine e titolo molto diversi che si stanno recando sul pianeta Hyperion per un pellegrinaggio alle tompe del tempo, centro d’origine e luogo sacro della religione Shrike nella galassia. Durante questa prima fase non sapremmo niente del perchè, del come e del quando questo viaggio si sta compiendo, e Simmons trova un modo simpatico per inserirci nel vero Hyperion.
I sei pellegrini decidono infatti di raccontarsi a vicenda il perchè sono stati spinti a compiere questo viaggio. Secondo il culto dello Shrike un solo pellegrino potrà affrontare il Dio, agli altri sarà data la morte. Conoscere i motivi e la storia di ogni compagno di viaggio potrà quindi aiutarli a capire un po’ meglio il culto di cui nessuno di loro è a quanto pare un credente. Attraverso questi racconti, che occuperanno l’intero libro, avviene la totalità della narrazzione della trama principale, della sottotrama di ogni singolo personaggio e dell’intera lore dell’universo immaginario di Hyperion.
Questo espendiente tecnico permette all’autore di trattare le storie sotto punti di vista completamente diversi. Ad ogni racconto cambieranno quindi il tempo e lo spazio dell’ambientazione insieme ai protagonisti e ai tutti i personaggi secondari. Non è tutto però. Ad ogni racconto cambierà anche lo stile di scrittura, che si adatta al carattere e al background di ogni narratore. Questi cambiamenti, sinceramente mi sono sembrati una mossa tecnica estremamente azzeccata, in grado di spezzare il contesto, cambiare le sensazioni trasmesse al lettore e di variare costantemente l’empatia provata per i protagonisti. Capisco però che questo, come possa essere un punto a favore, per gli stessi identici motivi potrebbe essere anche un punto a sfavore. Dipende tantissimo dai gusti di ogni singolo lettore e dalle sue caratteristiche di lettura. Avendolo letto tutto d’un fiato in circa due giorni, ho per esempio apprezzato questo aspetto, ma un lettore più cauto di me potrebbe trovarlo un interruzzione leggermente fastidiosa. Dipende, come sempre, tutto da voi.
In conclusione
Hyperion è a mio avviso, un ottimo romanzo, il cui aspetto da apprezzare di più è la moltitudine di piccole idee geniali. Queste sono sparse per tutti gli aspetti del libro, da piccole variazioni di idee classiche nella trama principale a veri e propri aspetti “tecnici” della scrittura del testo. Alcuni personaggi incredibilmente originali e colpi di scena a volte veramente inaspettati. Tutto questo è Hyperion, il primo romanzo del ciclo I canti di Hyperion, di Dan Simmons.
A presto,
Stefano.
A presto,
Stefano.